Eliminazione di alimenti
Eliminare alimenti dalla dieta può essere utile per identificare e trattare intolleranze alimentari, allergie alimentari e altri disturbi, come l’orticaria, l’esofagite eosinofila, la sindrome dell’intestino irritabile o l’emicrania.
Le diete di eliminazione hanno dimostrato efficacia nel controllo dei sintomi e sono supportate da studi clinici.
Le diete di eliminazione si sono dimostrate sia diagnostiche che terapeutiche per i pazienti con allergie o intolleranze alimentari.
Individui con disturbi funzionali gastrointestinali (GI), come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), potenzialmente ricollegabili a particolari alimenti, possono beneficiare delle diete di eliminazione.
Nella pratica clinica vengono utilizzati diversi approcci all’eliminazione del cibo: la dieta di eliminazione dei sei alimenti (6-FED) è l’approccio più utilizzato e comprende 3 fasi:
- eliminazione empirica dei 6 allergeni alimentari più frequentemente implicati: latte, uova, soia, grano, frutta secca, comprese noci e arachidi, e pesce, compresi i crostacei
- sospensione dei sopracitati gruppi alimentari per 4-6 settimane monitorando i sintomi del paziente
- progressiva reintroduzione di ciascun gruppo alimentare nella dieta per identificare il “colpevole” che esacerba i sintomi. Una volta individuato l’agente incriminato, va eliminato dalla dieta
Un altro approccio consiste nell’eliminare prodotti alimentari specifici, come la dieta a basso contenuto di FODMAP per l’IBS o la dieta priva di glutine per la celiachia.
In generale, le diete di eliminazione tolgono e successivamente identificano particolari alimenti associati ai sintomi per facilitare il raggiungimento di una diagnosi specifica.
Una volta effettuata una diagnosi formale, l’obiettivo primario diventa evitare rigorosamente il cibo incriminato finché non viene mantenuto il controllo dei sintomi.
Le diete restrittive possono causare carenze nutrizionali. Ciò è stato dimostrato nei bambini che aderiscono a diete di eliminazione e negli adulti con malattie infiammatorie intestinali che scelgono di escludere i principali gruppi alimentari con l’idea preconcetta che determinati alimenti esacerbino il loro stato patologico.
È stato riferito che i pazienti che seguono una dieta rigorosamente priva di glutine consumano meno ferro, fibre e carboidrati rispetto alla precedente dieta contenente glutine.
Gli individui che seguono una dieta a basso contenuto di FODMAP hanno dimostrato un apporto di calcio inferiore rispetto ai controlli che consumavano una dieta standard, probabilmente a causa del ridotto apporto di carboidrati, in particolare del disaccaride lattosio, un componente dei latticini ricchi di calcio.
È stato anche dimostrato che la dieta a basso contenuto di FODMAP altera il microbioma intestinale, riducendo la concentrazione di bifidobatteri, probabilmente a causa del ridotto apporto di carboidrati complessi e fibre. L’impatto a lungo termine di questa alterazione deve ancora essere determinato.
Gioca quindi un ruolo fondamentale l’educazione nutrizionale quando si attua una dieta di eliminazione, poiché può derivarne un apporto inadeguato di alcune sostanze, a seconda degli alimenti specifici eliminati.
Fonte : Jordan C. Malone, Sharon F. Daley. Elimination Diets. StatPearls 2024