La sindrome di Gilbert

La sindrome di Gilbert

La Sindrome di Gilbert – conosciuta anche con il nome di Morbo di Gilbert – prende il proprio nome dal medico francese Augustin Nicolas Gilbert. Si tratta di un ittero ereditario dell’adulto, secondario al deficit parziale di glucuronil trasferasi epatica che comporta un aumento della bilirubina. È una condizione abbastanza frequente che colpisce il 4-16% della popolazione secondo le aree geografiche e risulta caratterizzata da iperbilirubinemia, soprattutto non coniugata (>90% della bilirubina totale). I valori epatici, esclusa la bilirubina, sono normali, come l’esame clinico.

Aspetti metabolici

La bilirubina rappresenta il prodotto finale della fisiologica degradazione dell’eme contenuto nel globulo rosso. La produzione di bilirubina avviene nel sistema reticolo-endoteliale, soprattutto a livello di milza e midollo osseo, viene quindi captata nel fegato dagli epatociti dove avviene il processo di glucurono-coniugazione, processo che nei soggetti con sindrome di Gilbert non si completa per il deficit della glucuronil trasferasi. Per tale ragione la bilirubina viene rilasciata in forma indiretta o “non coniugata”.

Aspetti genetici

Alla base genetica della condizione vi è una mutazione che interessa il promotore del gene che produce l’enzima, mentre la struttura del gene (che codifica per la proteina) è normale. La trasmissione è autosomica recessiva: i pazienti sono omozigoti per la mutazione.

Nella stragrande maggioranza dei casi la sindrome di Gilbert è associata a un polimorfismo nel TATA-box del promotore del gene UGT1A1, dove al posto di 6 coppie adenina-timidina (TA)ce ne sono 7 (TA)7, e ciò determina una riduzione della produzione dell’enzima.

Aspetti clinici

Per indurre iperbilirubinemia, è necessario un fattore supplementare, come una iperemolisi (la vita media delle emazie è spesso ridotta), una diseritropoiesi o una diminuzione della captazione della bilirubinemia da parte del fegato. La malattia è benigna e non necessita, in genere, di alcun trattamento. Una minoranza di pazienti può manifestare sintomi aspecifici come algie addominali, cefalea, senso di malessere, affaticabilità. Uno dei segni più comuni e che spesso porta all’inizio delle indagini, è rappresentato dall’ingiallimento lieve degli occhi (ittero o subittero), causato proprio dai livelli elevati del pigmento bilirubina.

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Alcune condizioni possono aumentare i livelli di bilirubina nei soggetti con morbo di Gilbert e tra queste si annoverano per esempio l’influenza, il digiuno o una dieta molto ipocalorica, la disidratazione, lo stress e lo sforzo fisico. La diagnosi risulta importante come diagnosi differenziale in particolar modo con condizioni di iperbilirubinemia elevata come nella sindrome di Crigler-Najjar I, molto più grave e con prognosi infausta; la sindrome di Crigler-Najar II, meno preoccupante e con prognosi relativamente buona, in cui i valori di iperbilirubinemia indiretta sono più alti del Gilbert e l’insorgenza più precoce, per lo più in età infantile.

Nel Morbo di Gilbert invece l’esordio dell’ittero è generalmente più tardivo ovvero intorno ai 15-18 anni. Pertanto, quando confermata, la diagnosi di Gilbert aiuta spesso ad evitare eventuali ulteriori accertamenti invasivi trattandosi appunto di condizione benigna.

Prognosi e terapia

La prognosi della sindrome di Gilbert è, come già illustrato in precedenza, buona. Tale condizione infatti non comporta una compromissione della funzione epatica e non altera lo stato di benessere dell’individuo in modo significativo.

Nei soggetti affetti non è indicata alcuna terapia. Per ridurre il rischio di iperbilirubinemia risulta indicata la riduzione dello stress legato anche a sforzi fisici eccessivi, la riduzione dell’assunzione di bevande alcoliche ed evitare periodi di digiuno prolungato avendo una dieta equilibrata.

Con un’attenta alimentazione è possibile far fronte a quelle che sono le implicazioni legate a questo difetto di produzione della bilirubina ed all’aumento in circolo della forma non coniugata, difficilmente eliminabile.

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La prima regola da rispettare è non saltare mai i pasti: in seguito a periodi di digiuno o drastiche diete ipocaloriche, l’aumento della bilirubina è considerevole.

La cellula epatica, per espletare, senza problemi, tutte le funzioni metaboliche, ha bisogno di energia che ricava dagli zuccheri. Quindi altro punto fondamentale è assicurare un costante apporto energetico, con carboidrati ad ogni pasto, distribuiti tra zuccheri semplici, come quelli della frutta, e zuccheri complessi come quelli dei cereali, del pane o della pasta.

Dal momento che la maggior parte dei processi riparatori affidati al fegato, si svolgono durante la notte, nelle persone affette da Gilbert, è consigliabile inserire i carboidrati, sotto forma di primo piatto, nel pasto serale, meglio se a base di riso o altri cereali senza glutine o patate.

La carne o il pesce, proteine nobili di cui il fegato si giova, possono essere tranquillamente consumati a pranzo per non creare affaticamento digestivo serale.

Carboidrati ad ogni pasto, si, ma senza eccedere soprattutto nella quota di zuccheri semplici: eccessi di frutta, gelati o dolci.

Il terzo punto fondamentale è quello di stimolare la produzione di bile e favorirne la fuoriuscita.

A tal proposito è consigliabile l’uso di alimenti come cicorie, carciofi, cardo mariano, tarassaco e spezie come la curcuma ad azione coleretica e colagoga.

Tra questi, e non ultimo, va annoverato l’Olio extravergine di Oliva, che non va quindi lesinato, sia crudo, sfruttandone a pieno le proprietà, che cotto, inducendo un’azione contrattile della colecisti, con rapida immissione della bile in duodeno.

Bibliografia

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